Sonia Caporossi è nata a Tivoli nel 1973, musicista, poetessa, prosatrice, critica letteraria e saggista. Ha pubblicato numerosi libri. Tra gli ultimi ricordiamo il saggio critico Le nostre (de)posizioni. Pesi e contrappesi nella poesia contemporanea emiliano-romagnola, con E. Campi, Bonanno, Acireale 2020; la curatela su G. Leopardi, L’infinita solitudine. Antologia ragionata delle poesie, Marco Saya 2020; la raccolta di monologhi filosofici Opus Metamorphicum, A&B Editrice 2021; la trilogia poetica Taccuino dell’urlo, Marco Saya 2020, finalista al Premio Montano 2020; Taccuino della madre, Progetto Cultura 2021; Taccuino della cura, Terra d’Ulivi 2021. Dirige per Marco Saya Edizioni la collana di classici italiani e stranieri La Costante Di Fidia. Collabora con Poesia Del Nostro Tempo, Versante Ripido, Bibbia d’Asfalto e col festival Bologna In Lettere. Ha diretto per molti anni Critica Impura e Poesia Ultracontemporanea. Il suo blog personale è disartrofonie. Vive e lavora nei pressi di Roma.
alla fine lui resta in silenzio
nell’abbraccio addormentato
rimando scabro di un lembo di pelle
rabberciato {lungo i bordi} nella fame di poesia
alla fine rinuncia all’amore
si prende in carico l’infarto
l’assassinio autoindotto del cuore
in questa quieta decisione
tanto lo sa che ritornerà
il desiderio del suo {fuoco greco}
perché l’amore non serve poi a tanto
per scrivere necessita una rabbiosa solitudine
e un istinto meno che umano, e stanco
di ripensarsi interi
dopo la distruzione.
Da Taccuino dell’urlo, Marco Saya Edizioni 2020.
*
davanti alla tomba
un fiore di stoffa
lo sporco incrostato
sul lume sbiadito
silenzio che rende
la corrispondenza
immobile attesa
di un tempo balordo
un quieto svanire
tra i fumi del senso
se al senso è precluso
il rispecchiamento
narciso è incastrato
in quella cornice
tra il marmo venato
che cela le spoglie
rimane l’appeso
che ambiguo ci guarda
un altro tarocco
da leggere al buio
e a questo bagatto
che cerca risposte
fa eco soltanto
l’ennesimo arcano
Da Taccuino Della Madre, Edizioni Progetto Cultura 2021.
*
respirare il folle abbaglio dei colori
di un {tramonto} dentro una livida siccità
le luci si rivoltano nell’amplesso di un {istante}
stanche nuvole nel cielo come botti affastellate
si dipingono un dettaglio e poi sgretolano via
la farina intemperante di una vita ritrovata
dentatura marzapane di un {demiurgo} addormentato
Da Taccuino della cura, Terra d’Ulivi Edizioni 2021.
[…] Il soggetto, nel Taccuino della cura, non può che costituirsi in forma nevrotica, cercando di trovare equilibrio tra la spinta verso l’autodeterminazione e quella verso la frattura, di cui il sacrificio (Cristo) e la scrittura (Derrida) sono non tanto immagine, quanto fattiva e concreta manifestazione. Al suo culmine (impadronirsi di {sé}) il percorso del soggetto-oggetto, che è insieme bio-genealogico (il senso del lignaggio) e poetico-gnoseologico (il frutto del linguaggio) si risolve nuovamente in un corpo infranto, in disiecta membra, che in quanto tale annunciano però il raggiungimento del mondo nella sua complessità, nella sua inguaribile disorganicità e in-comprensione all’umano. Compare un viaggio mentale, la poesia si slarga e apre spazi, territori immaginifici, e la visione luminosa di ? (abbaglio, luci, cielo) dissolve lo spessore di questa odissea materico-simbolica nell’allucinazione di un autore-demiurgo. Che sogna sé stesso, si scrive, si ritrova.
(Antonio Francesco Perozzi)