Ron Padgett, Non praticare il cannibalismo. 100 poesie, a cura di Cristina Consiglio, Paola Del Zoppo e Riccardo Frolloni, Del Vecchio Editore, 2021, pp.370, € 19,00
_____________________________
di Francesco Sasso
.
Confesso che il recensore di questo libro ha scoperto da poco l’esistenza di Ron Padgett (1942), poeta americano che vive a New York, insignito di numerosi riconoscimenti. La sua opera è stata tradotta in diciotto lingue. Sette poesie di Padgett compaiono nel film “Paterson” di Jim Jarmusch. Ed è giusto, è utile che Ron Padgett appaia da noi come una scoperta, una boccata d’aria fresca grazie a Non praticare il cannibalismo. 100 poesie, libro pubblicato da Del Vecchio Editore.
Le squisite traduzioni di Cristina Consiglio, Paola Del Zoppo e Riccardo Frolloni insieme ad apparati di lettura, ad un saggio e un’intervista al poeta, ci offrono l’accesso ad un poeta incantevole e ironico, che affronta il lettore con una serie di modi (lirica e prosa), mescolando i temi dell’amore, della frustrazione, dell’amicizia, del gioco, saldati tutti nel tema dominante della morte, immagine significante della vita.
Iniziamo con un consiglio sempre utile per chi scrive:
Consigli per giovani scrittori
Una delle cose che ripeto agli studenti
di scrittura è che dovrebbero scrivere quando non
si sentono di scrivere, solo sedersi e incominciare,
e quando non va avanti bene, insistere allora,
arrivare a quella cosa che non avreste
mai trovato. Ho dimenticato di dire
che questa è solo una tecnica di scrittura, che
potreste anche andare fuori a tagliare il prato, dove,
se ci portate la mente, magari anche così arriverete
a qualcosa d’inaspettato (“il rubino
dattiloscrive”), o guardando Notizie dalla Campagna
dove un uomo grosso parla della “Migliore
zona del Massachussets”. Cari studenti, va bene
non scrivete. Fate quello che vi pare. Purché troviate
quel qualcosa d’inaspettato, o anche no. (pag.59)
La poesia è “qualcosa d’inaspettato” che nasce dal “fare” quotidiano, poiché s’intende che a darle vitalità è il linguaggio che si sottrae al tempo e all’usura. Il poeta non ha altro compito se non quello di rappresentare la vita del proprio tempo, per quanto è possibile.
Il poeta, uccello immortale
Un attimo fa salta il battito
e penso, “Sarebbe un brutto momento
per avere un infarto e morire, nel pieno
di una poesia,” poi mi ha confortato
l’idea che nessuno ho sentito
è mai morto nel pieno della scrittura
di una poesia, proprio come gli uccelli non muoiono in volo.
Credo. (pag.85)
Altra cifra del Nostro: il gioco. La poesia in sordina di Ron Padgett non rinunzia all’ironia. È una poesia che si presta ad una pronta ambiguità e, come di fronte ad uno specchio, il lettore accarezza in sé il riflesso ingannevole del gioco poetico.
Allo stesso tempo, la poesia di Ron Padgett è una poesia del reale e del possibile, delle buone cose, le cose di cucina, gli odori, la prosaicità, è l’aspirazione alla poesia che indica le condizioni dell’esistenza senza le quali non è possibile riscattare la poesia dallo stato di presuntuosa inutilità.
La spillatrice
Quando mia madre morì
lasciò molto poco: vecchi vestiti,
mobili modesti, piatti, qualche
spicciolo, e questo è tutto.
Eccetto per la spillatrice. La trovai
in un cassetto pieno di vecchie bollette
ed estratti conto. Subito
notai quanto penetrasse facilmente
pile di carta, senza lasciare ammaccature
sul pollice della mia mano.
Funzionava così bene che la portai a casa,
insieme ad una scatola di puntine, da cui
solo poche delle originali 5000
mancavano. Il trucco sta nel ricordare
come caricarla – mi prende ogni volta
alcuni minuti per riuscirci, ma persisto finché
Oh sì, eccola! Da qualche parte in tutto questo
mia madre si irradia e galleggia
come una nebbia così sottile da non poter essere vista,
un’idea di svolazzo, l’opposto della spillatrice. (pag.181)
Inoltre, per il poeta americano, la poesia è guardare oltre, conferire l’essere al niente, e propriamente restituire l’essere dopo aver visto il niente:
Patto di morte
Mai dal primo momento
che mi venne l’idea
della mia morte
(come ognuno sulla terra!)
ho lottato contro
questa eventualità, ma
non ho mai pensato a
come sarei morto, esattamente,
finché intorno ai trenta
feci una lista mentale:
colpito da un’auto, sparato
in testa da un casuale rimbalzo,
schiacciato sotto un masso,
vittima di una fuga di gas,
testa sbattuta male
cadendo dalla scala,
vaporizzato in un incidente aereo,
consumato dal cancro,
e così via. Ho provato a pensare
a quale avrei scelto
se ne avessi avuto l’occasione,
e giungevo sempre
e poi sempre a E’ morto
mentre dormiva.
Ora che sono ufficialmente vecchio,
anche se dentro non ufficialmente
vecchio o in qualche altra maniera,
sono stranamente allietato
dal pensiero
che lo potrei scoprire
in un futuro non troppo distante.
Ora, a pranzo. (pag.187)
E allora lasciamoci guidare da Ron Padgett e leggiamo la lunga poesia Come essere perfetti (pag.125-145), che qui trascrivo in parte. Ecco l’incipit:
«Ogni cosa è perfetta, amico mio.
-Kerouac
Dormi.
Non dare consigli.
Prenditi cura di denti e gengive.
Non temere quel che sfugge al tuo controllo. Non temere,
per esempio, che il
palazzo crolli mentre dormi o che qualcuno che ami
muoia all’improvviso.
Mangia un’arancia ogni mattina.
Sii cordiale. Ti aiuterà a sentirti felice.
Porta i battiti del tuo cuore a 120 per 20 minuti di fila
quattro o cinque volte alla
settimana facendo qualcosa che ti piace.
Spera in qualsiasi cosa. Non aspettarti nulla.
Prenditi cura innanzitutto delle cose vicine. Metti in ordine
la tua stanza prima di
salvare il mondo. Poi salva il mondo.
Sappi che il desiderio di essere perfetto probabilmente
nasconde un altro desiderio
– quello di essere amato, forse, o di non morire. […]» (pag.125)
Leggendo la raccolta Non praticare il cannibalismo scopriamo con Ron Padgett la via, ora celata, ora aperta, che conduce alla semplice vita terrena; una via che si lascia attirare dalla felicità e dalla morte come il più basso deve lasciarsi attirare dal più alto.
f.s.
______________________________
Tutti i numeri di CRESTOMAZIA. (retroguardia@libero.it)