Il mosaico nella chiesa di Santa Pudenziana a Roma, di Raffaela Fazio

Il mosaico nella chiesa di Santa Pudenziana a Roma

Il mosaico dell’abside nella chiesa di Santa Pudenziana è una delle testimonianze musive cristiane più antiche della città di Roma, essendo preceduto solo dai mosaici del Mausoleo di Santa Costanza. Esso risale alla fine del IV secolo, probabilmente iniziato sotto il pontificato di Papa Siricio (384-399). Nel corso dei secoli sono avvenuti naturalmente restauri e modifiche architettoniche, come quelle del 1588, a cui va attribuito il rifacimento di alcuni dettagli: le figure sulla sinistra di Cristo (tranne la testa di S. Pietro e la corona), la mano di S. Paolo, parte della testa e della spalla dell’apostolo vicino a S. Paolo, parte del trono di Cristo. Inizialmente il mosaico era più grande di quello visibile attualmente.

Il mosaico di stile ancora classicheggiante (non così stilizzato come i mosaici più tardi, dove le figure sono più piatte e le proporzioni meno realistiche) ritrae Cristo seduto in trono in mezzo agli apostoli (tra cui S. Pietro a destra dell’osservatore e S. Paolo a sinistra, entrambi incoronati da due donne velate), con sullo sfondo le mura di Gerusalemme e in alto i simboli dei quattro evangelisti (da sinistra: la figura alata di Matteo, il leone di Marco, il toro di Luca, l’aquila di Giovanni). Nel mezzo campeggia la croce gloriosa, direttamente sopra Cristo. 

Nell’interpretazione di quest’immagine, privilegerò due chiavi di lettura: 1) l’autorità di Cristo, 2) la realtà della Chiesa, storica ed escatologica (della fine dei tempi).

  1. L’autorità di Cristo

Vi sono chiari elementi che denotano l’autorità di Cristo nel mosaico. Innanzitutto la centralità e la frontalità della sua figura e il suo sguardo che interpella l’osservatore (il cristianesimo è una religione di “comunione”, che vuole coinvolgere, rendere partecipi). Sono presenti poi altri dettagli, tra cui il trono, il nimbo dorato e il libro aperto, con la scritta “Dominus conservator ecclesiae Pudenzianae” (“Il Signore è colui che preserva la chiesa di Pudenziana”) a indicare che l’autorità della Chiesa deriva direttamente da quella di Cristo, non da quella dell’imperatore.

Ma di che tipo di autorità si tratta? Innegabile nel mosaico è l’influenza dell’iconografia imperiale, dato che ormai è già avvenuta la svolta costantiniana e il cristianesimo è religione di stato. Tuttavia, ad osservare più attentamente, si nota che l’autorità di Cristo non è tanto un’autorità di imperatore, quanto un’autorità di Dio-Maestro.

Nell’immagine, infatti, Cristo è privo di ornamenti imperiali, quali diadema, scettro, sandali color porpora, clamys. Gli astanti, inoltre, sono seduti, a differenza di quanto sarebbe avvenuto in presenza dell’imperatore (a partire dal I secolo, né il senato né altri erano autorizzati a sedere in presenza dell’imperatore; quando Costantino prese parte al Concilio di Nicea, volendo parteciparvi lui stesso in veste di vescovo, emanò un decreto speciale che permetteva ai vescovi di sedere e di deliberare in sua presenza). Va poi ricordato che il seggio su cui era solito sedere l’imperatore romano non era un trono con alta spalliera, ma una sella curulis (simbolo dell’autorità del governo, insieme allo scettro e ai fasci, usata dall’imperatore e dai più alti magistrati).

L’autorità di Cristo è piuttosto un’autorità dottrinale. Lo evidenzia lo schema compositivo, che richiama il modello classico del filosofo seduto in mezzo agli altri filosofi. Altri dettagli vi fanno allusione: il gesto della mano di Cristo che è un gesto loquendi, di parola (solo in seguito diventerà un segno di benedizione), il libro che tiene in mano e i simboli stessi dei quattro evangelisti, che alludono ai quattro Vangeli, ovvero ai libri che raccolgono il “vero insegnamento”. Cristo è infatti l’unico vero Maestro (“uno solo è vostro maestro, Cristo”: Mt 23,10) che sceglie i suoi discepoli come Dio, nell’Antico Testamento, sceglie i suoi profeti (si differenzia cioè dai rabbini e dai filosofi che, nell’antichità, non sceglievano ma venivano scelti dai discepoli). 

Ma l’autorità di Cristo non è solo un’autorità dottrinale: essa è un’autorità divina. E il fatto che lo si voglia sottolineare nel mosaico non è sorprendente: nel 325 il Concilio di Nicea, contro la dottrina ariana, aveva ribadito che Cristo era vero Dio, della stessa natura del Padre. L’oro con cui viene raffigurato il suo abito è il simbolo per eccellenza della regalità di Dio, nel suo fulgido splendore, nella sua potenza e gloria eterna. Anche la “L” leggibile sui vestiti di Cristo può essere un’allusione al “Logos”, il Verbo divino. Il trono su cui è raffigurato richiama sia il trono di Dio giudice (nell’Apocalisse, tra gli attributi di Dio, si trova il termine kath?menos, “seduto in trono”, che indica la capacità di dominio di Dio sulla storia), che il trono della Sapienza, presentata dall’Antico Testamento anche con queste parole: “Ho posto la mia dimora lassù, il mio trono era su una colonna di nubi” (Sir 24,4). La divinità di Cristo è suggerita inoltre dalla presenza di un chiaro elemento che indica la gloria del Risorto: si tratta della croce gemmata, che, come la crux invicta sui primi sarcofagi cristiani, non è più simbolo di morte, ma simbolo di vittoria sulla morte (simile a un albero di vita eterna che dà i suoi frutti sul monte) e segno della fine dei tempi: Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo” (Mt 24,30).

  1. La realtà della Chiesa

Il mosaico di Santa Pudenziana vuole mostrare non solo un Cristo autorevole, ma un Cristo in mezzo alla sua Chiesa. E di questa Chiesa è evidenziata sia la dimensione storica che la dimensione escatologica. 

La Chiesa di Cristo è raffigurata come una realtà storica, grazie alla presenza degli apostoli che sono sotto la sua diretta protezione. I discepoli simboleggiano anche la comunità “universale” di credenti, ovvero la Chiesa dei giudei e la Chiesa dei gentili, rappresentate rispettivamente dalle due figure femminili che pongono una corona sulla testa di S. Pietro e di S. Paolo: due comunità non in contrapposizione tra loro ma unite dall’unica fede in Cristo e premiate (la corona) per aver seguito il suo insegnamento.

Ma la Chiesa ha anche una dimensione escatologica, tesa verso il compimento dei tempi. Questa realtà futura è messa in evidenza nel mosaico dalla croce gloriosa, di cui si è accennato più sopra, che allude non solo alla risurrezione di Cristo, ma alla risurrezione destinata a tutti i credenti alla fine dei tempi: “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). E l’instaurazione definitiva del Regno di Dio è simboleggiata nel mosaico di Santa Pudenziana soprattutto dalla città alle spalle di Cristo e degli apostoli, che rappresenta la Gerusalemme celeste: “Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio (…) Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il “Dio-con-loro”. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate” (Ap 21,1-4).

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