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Archivi categoria: Lirico terapia
Luigi Maria Corsanico legge Mario Luzi. 20
Luigi Maria Corsanico legge Mario Luzi. 19
Luigi Maria Corsanico legge T. S. Eliot. 2
Luigi Maria Corsanico legge T. S. Eliot
Luigi Maria Corsanico legge Mario Luzi. 18
Lirico terapia. David Maria Turoldo
E dunque
Anche se il Nulla ti circonda come un oceano,
anche se mai la Nube si scioglierà
e nessuno mai a occhio nudo
ti potrà vedere,
ti raggiunga il canto del cuore,
il canto colmerà l’abisso.
***
La cosa che vale è che Tu ci conosci
come noi non ci conosciamo:
Tu, luce della nostra coscienza.
Anche di amarti a noi è negato
se Tu non semini in noi l’amore,
sola fine della tua e nostra solitudine.
***
L’illusione dell’autosufficienza svanisce con naturalezza nei “Canti ultimi” di Turoldo: la saggezza monastica del memento mori diventa respiro quotidiano.
Lirico terapia. Calogero Bonavia
Una notte – avevo lasciato la finestra aperta –
un lampo entrò nella mia stanza.
Dio mi chiama – dissi – poiché sapevo che i
lampi sono parole di Dio.
E mi levai prestamente.
Un’altra bianca fiammata venne ad abbagliarmi
gli occhi.
Dissi: – Forse gli angeli passano giù per la via.
E m’affacciai.
Lungi, nella campagna nera, splendeva una catena
di lampade.
Erano figli d’uomini, erano i servi dell’uomo,
quelli che conoscono l’alba,
erano quelli che non comprano il pane, ma lo
scavano sotterra con affanno, tra i macigni
di gesso e di zolfo.
I servi camminano nella notte – pensai – perché
innanzi a loro sta il Pane.
I servi camminano soli nelle tenebre
perché innanzi
a loro sia l’Alba.
Da allora non temo le tenebre, e cammino solo
nella notte, sicuro che tu mi sia innanzi, o Signore
– come a tutti i servi – col Pane – e col Calice.
***
Un’immagine potente, che fa emergere gli ultimi: quelli che, a detta del Vangelo, saranno i primi.
Lirico terapia. Zoì Karelli
Il roseto rampicante
veste di bianco, sempre di bianco, e bianco è il suo vestito.
Si stende, si distende al sole,
dal quale aspetta baci
per le piccole rose, ubriacature
d’oro e di fuoco dolce,
finché quelle rosseggino
del suo amore immenso.
***
Aspettarsi baci dal sole: con un’immagine sola, Zoì Karelli ha detto tutto.
Lirico terapia. Giorgio Caproni
“Proteggete il nostro
Protettore. Salvate
il Salvatore morente”.
Così predicava il Pastore
nel gelo della chiesa vuota, al lucore
dell’ultima bugia rimasta
accesa sull’Altar Maggiore.
***
Giorgio Caproni ci mette davanti a contraddizioni e aporie che richiedono una nostra decifrazione sempre ardua.
Lirico terapia. Melissanthi (Eva Chougia)
La terra del silenzio è di cristallo,
cristallo azzurro, quasi di ghiaccio.
Lí tutto danza senza far rumore
e ogni immagine si rifrange all’infinito.
Le lacrime e i lamenti dei bambini
lasciano il suono dolce della cetra.
Delle creature tacite i sorrisi
levano ai cieli un riflesso rosato
e gli sguardi profondi dell’amore
azzurre fiamme d’un incendio attizzano.
In questa terra del silenzio il vero
risuona come una campana a festa
che apre volte chiassose in mezzo al cielo.
Nella terra del silenzio spesso ho sentito
gli scampanii d’argento
che leva uno stormo di gru.
A nozze mistiche, a processioni,
a cerimonie celesti ho presenziato,
nella terra del silenzio che è di cristallo,
cristallo azzurro, quasi di ghiaccio.
***
La poesia greca ha la capacità unica di rendere un’atmosfera di mistero suggestiva e inquietante nello stesso tempo. Questi versi di Melissanthi ne forniscono una prova eloquente.
Lirico terapia. Pietro Mignosi
E poiché la Morte verrà all’insaputa come i ladri,
tu temi possa trovarmi con queste scarpe logore
– scarpe ostinate e seguaci – e raggranelli il tuo gruzzolo
perché i miei piedi non sfigurino sul mio ultimo letto.
Ma io penso che le scale del paradiso sono di vetro
– vetro limpido e sottile che non lo scorgi neppure –
e le scarpe che compreresti, rigide, pese e loquaci,
picchierebbero troppo sull’esile scala del cielo.
Lasciami ai piedi queste mie logore scarpe
queste mie povere scarpe soffici e silenziose
sì che arrivando nel cielo, la figlia nostra – se dorme –
non interrompa il suo sonno
e si risvegli serena come soleva quaggiù.
Delicatissimo pensiero di padre, questo di Mignosi. Se il mondo progredisce, è per dettagli come questi, degni del cielo.
Lirico terapia. Giuseppe Conte
Vorresti la certezza, la verità
– e sai che la verità non è che Luce –
ma vai cieco dove vanno i desideri
e i piaceri, dove ti conduce
troppo umano un destino. Cerca ancora.
Scegli il tuo cammino. Cerca, esplora
tutte le vie del finito, come chi
ha fame dell’infinito forse deve
fare, sempre veloce, sempre immemore.
***
Non c’è bisogno di spiegare questi versi, anche se il mistero resta intatto: quello del cammino e della meta, della scelta da fare in ogni istante, in ogni angolo.
Lirico terapia. Umberto Fiori
Piazzata
Se di colpo giù in piazza
in mezzo al chiasso
qualcuno alza la voce
e un’altra voce, più forte,
gliele ricanta, e si mettono a urlare
insulti e minacce, è come
se mi chiamassero per nome.
Si capisce ben poco, quasi niente
con gli alberi di mezzo, dal quinto piano,
ma io non chiedo al mio vicino
– anche lui sul balcone – perché lì sotto
si mangiano la faccia. Lo so bene
cosa li fa gridare. Lo riconosco
adesso, mentre mi prende
– anche me – per la gola, e mi tiene
qua sopra, senza fiato:
è grande, e non ha una ragione.
È che ognuno al mondo sta lì
con il suo ingombro osceno. Mento, guance,
e gli occhi in fuori, e in mezzo a quel testone
il naso a becco, dicono: così
e in nessun’altra maniera.
Ogni momento uno ti si para
davanti, ti fa vedere come,
ti fa vedere chi
bisogna essere.
Così ce ne andiamo in giro
nei bar, sui tram: ognuno un santo mistero
messo in piazza, un esempio
che nessuno può seguire.
È questo lo spettacolo sfacciato,
la scenata che sale fin quassù.
*
Viene il respiro degli ippocastani,
col buio. L’onda ci lascia.
Da una finestra illuminata
anch’io lancio il mio urlo
e mi ritiro.
***
Difficile non ritrovare l’umanità quotidiana, in questi versi, la dose di violenza, la tassa da pagare a qualche forza oscura che si annida nella storia. Il “santo mistero”, tuttavia, nasconde sempre un germoglio di speranza, per chi non si arrende al proprio assurdo.
Lirico terapia. Renzo Paris
Tommaso
Poesia che sei rinata per il compleanno
D’un poeta, stattene un momento accucciata
Sotto la scrivania, gioca col gatto, intrattienilo,
Non aver fretta, dai,
Almeno per questa volta!
Vedi, un pizzico di distrazione è bastato
Perché quel bastardo mi graffiasse le dita.
La poesia entra anche nel quotidiano, non teme la banalità. Renzo Paris lo dimostra efficacemente in questi versi che odorano di casa, ma hanno un chiaro valore simbolico.
Lirico terapia. Primo Levi
«Quanti sono i tuoi giorni? Li ho contati:
Pochi e brevi, ognuno grave di affanni;
Dell’ansia della notte inevitabile,
Quando fra te e te nulla pone riparo;
Del timore dell’aurora seguente,
Dell’attesa di me che ti attendo
Di me che
(vano, vano fuggire!)
Ti seguirò ai confini del mondo,
Cavalcando sul tuo cavallo,
Macchiando il ponte della tua nave
Con la mia piccola ombra nera,
Sedendo a mensa dove tu siedi,
Ospite certo di ogni tuo rifugio,
Compagno certo di ogni tuo riposo.
Fin che si compia ciò che fu detto,
Fino a che la tua forza si sciolga,
Fino a che tu pure finisca
Non con un urto, ma con un silenzio,
Come a novembre gli alberi si spogliano,
Come si trova fermo un orologio».
Primo Levi non ha mai smesso d’indagare il mistero del male: qui l’ombra che insegue l’aguzzino fino alla fine dei giorni.
Lirico terapia. Leonardo Sinisgalli
La lapide è sul muro
sopra le scuderie.
Il giovane non ebbe tempo
di girare tra gli alberi e le aiuole.
Rapito dalla guerra
radunò le sue carte.
Le trovarono in un tiretto
quando si mise in mare
e annegò. Ai poeti la sorte
vieta di tornare
nelle loro camerette.
Per il poeta tutto diventa simbolo. Sta a noi interpretare: non tanto l’intenzione di Sinisgalli, quanto l’eco che risuona in noi.
Lirico terapia. Fernanda Romagnoli
Sobillazione
Nei ghetti del mio corpo, certe notti,
i cinque sensi circolano cupi
sobillando lo Spirito: «A che vale
il tuo slancio di fiamma, sempre eluso,
i rossi rami che s’agitano e attorcono
tribolati in abbracci di se stessi
– mentre il buio si svincola illeso
e ripropone il dilemma -.
Far barriera ai lupi, che ti vale.
All’alba sarai fumo».
In quelle notti di congiura e d’odio
la fiamma geme, s’accuccia nel suo grumo
di braci: e invoca che su lei s’affretti
la pietà della cenere, l’assedio
d’occhi fermi in circoli
sempre più stretti.
Straordinaria questa descrizione della lotta fra la carne e lo spirito di Fernanda Romagnoli: interpella chi legge con una domanda tanto implicita quanto decisiva.
Lirico terapia. Giovanni Giudici
Con tutta semplicità devo dire
che un tempo sembrava lontano
il tempo in cui morire.
Ora non è piú un pensiero strano.
Ora è sempre lontano (almeno spero) ma
posso già prefigurarmelo. Ho l’età
in cui dovrei fare ciò che volevo
fare da grande e ancora non l’ho deciso.
Faccio quello che faccio, altra scelta non ci sarà:
leggo di miei coetanei che muoiono all’improvviso.
Il tema è scottante, ma la poesia lo trasfigura: Giovanni Giudici è un maestro nel procedere su un crinale da cui ognuno può osservare il suo paesaggio.