Archivi categoria: Lirico terapia

Lirico terapia. David Maria Turoldo

E dunque

Anche se il Nulla ti circonda come un oceano,

anche se mai la Nube si scioglierà

e nessuno mai a occhio nudo

ti potrà vedere,

ti raggiunga il canto del cuore,

il canto colmerà l’abisso.

***

La cosa che vale è che Tu ci conosci

come noi non ci conosciamo:

Tu, luce della nostra coscienza.

Anche di amarti a noi è negato

se Tu non semini in noi l’amore,

sola fine della tua e nostra solitudine.

 

***
L’illusione dell’autosufficienza svanisce con naturalezza nei “Canti ultimi” di Turoldo: la saggezza monastica del memento mori diventa respiro quotidiano.

Lirico terapia. Calogero Bonavia


I servi

Una notte – avevo lasciato la finestra aperta –

un lampo entrò nella mia stanza.

Dio mi chiama – dissi – poiché sapevo che i

lampi sono parole di Dio.

E mi levai prestamente.

 

Un’altra bianca fiammata venne ad abbagliarmi

gli occhi.

Dissi: – Forse gli angeli passano giù per la via.

E m’affacciai.

 

Lungi, nella campagna nera, splendeva una catena

di lampade.

Erano figli d’uomini, erano i servi dell’uomo,

quelli che conoscono l’alba,

erano quelli che non comprano il pane, ma lo

scavano sotterra con affanno, tra i macigni

di gesso e di zolfo.

I servi camminano nella notte – pensai – perché 

innanzi a loro sta il Pane.

I servi camminano soli nelle tenebre

perché innanzi

a loro sia l’Alba.

 

Da allora non temo le tenebre, e cammino solo

nella notte, sicuro che tu mi sia innanzi, o Signore

– come a tutti i servi – col Pane – e col Calice.

***

Un’immagine potente, che fa emergere gli ultimi: quelli che, a detta del Vangelo, saranno i primi.

Lirico terapia. Zoì Karelli


Favole del giardino

Il roseto rampicante

veste di bianco, sempre di bianco, e bianco è il suo vestito.

Si stende, si distende al sole,

dal quale aspetta baci

per le piccole rose, ubriacature

d’oro e di fuoco dolce,

finché quelle rosseggino

del suo amore immenso.

***

Aspettarsi baci dal sole: con un’immagine sola, Zoì Karelli ha detto tutto.

Lirico terapia. Giorgio Caproni


Il Pastore

“Proteggete il nostro

Protettore. Salvate

il Salvatore morente”.

Così predicava il Pastore

nel gelo della chiesa vuota, al lucore

dell’ultima bugia rimasta

accesa sull’Altar Maggiore.

***

Giorgio Caproni ci mette davanti a contraddizioni e aporie che richiedono una nostra decifrazione sempre ardua.

 

 

Lirico terapia. Melissanthi (Eva Chougia)


La terra del silenzio

La terra del silenzio è di cristallo,

cristallo azzurro, quasi di ghiaccio.

Lí tutto danza senza far rumore

e ogni immagine si rifrange all’infinito.

Le lacrime e i lamenti dei bambini

lasciano il suono dolce della cetra.

Delle creature tacite i sorrisi

levano ai cieli un riflesso rosato

e gli sguardi profondi dell’amore

azzurre fiamme d’un incendio attizzano.

In questa terra del silenzio il vero

risuona come una campana a festa

che apre volte chiassose in mezzo al cielo.

Nella terra del silenzio spesso ho sentito

gli scampanii d’argento

che leva uno stormo di gru.

A nozze mistiche, a processioni,

a cerimonie celesti ho presenziato,

nella terra del silenzio che è di cristallo,

cristallo azzurro, quasi di ghiaccio.

***

La poesia greca ha la capacità unica di rendere un’atmosfera di mistero suggestiva e inquietante nello stesso tempo. Questi versi di Melissanthi ne forniscono una prova eloquente.

Lirico terapia. Pietro Mignosi

 

Le scarpe

 

E poiché la Morte verrà all’insaputa come i ladri,

tu temi possa trovarmi con queste scarpe logore

– scarpe ostinate e seguaci – e raggranelli il tuo gruzzolo

perché i miei piedi non sfigurino sul mio ultimo letto.

 

Ma io penso che le scale del paradiso sono di vetro

– vetro limpido e sottile che non lo scorgi neppure –

e le scarpe che compreresti, rigide, pese e loquaci,

picchierebbero troppo sull’esile scala del cielo.

 

Lasciami ai piedi queste mie logore scarpe

queste mie povere scarpe soffici e silenziose

sì che arrivando nel cielo, la figlia nostra – se dorme –

non interrompa il suo sonno

e si risvegli serena come soleva quaggiù.

 

Delicatissimo pensiero di padre, questo di Mignosi. Se il mondo progredisce, è per dettagli come questi, degni del cielo.

Lirico terapia. Giuseppe Conte

Troppo umano un destino

Vorresti la certezza, la verità

– e sai che la verità non è che Luce –

ma vai cieco dove vanno i desideri

 

e i piaceri, dove ti conduce

troppo umano un destino. Cerca ancora.

Scegli il tuo cammino. Cerca, esplora

 

tutte le vie del finito, come chi

ha fame dell’infinito forse deve

fare, sempre veloce, sempre immemore.

***

 

Non c’è bisogno di spiegare questi versi, anche se il mistero resta intatto: quello del cammino e della meta, della scelta da fare in ogni istante, in ogni angolo.

Lirico terapia. Umberto Fiori

Piazzata

Se di colpo giù in piazza

in mezzo al chiasso

qualcuno alza la voce

e un’altra voce, più forte,

gliele ricanta, e si mettono a urlare

insulti e minacce, è come

se mi chiamassero per nome.

 

Si capisce ben poco, quasi niente

con gli alberi di mezzo, dal quinto piano,

ma io non chiedo al mio vicino

– anche lui sul balcone – perché lì sotto

si mangiano la faccia. Lo so bene

cosa li fa gridare. Lo riconosco

adesso, mentre mi prende

– anche me – per la gola, e mi tiene

qua sopra, senza fiato:

è grande, e non ha una ragione.

 

È che ognuno al mondo sta lì

con il suo ingombro osceno. Mento, guance,

e gli occhi in fuori, e in mezzo a quel testone

il naso a becco, dicono: così

e in nessun’altra maniera.

Ogni momento uno ti si para

davanti, ti fa vedere come,

ti fa vedere chi 

bisogna essere.

 

Così ce ne andiamo in giro

nei bar, sui tram: ognuno un santo mistero

messo in piazza, un esempio

che nessuno può seguire.

 

È questo lo spettacolo sfacciato,

la scenata che sale fin quassù.

*

Viene il respiro degli ippocastani,

col buio. L’onda ci lascia.

 

Da una finestra illuminata

anch’io lancio il mio urlo

e mi ritiro.

***

Difficile non ritrovare l’umanità quotidiana, in questi versi, la dose di violenza, la tassa da pagare a qualche forza oscura che si annida nella storia. Il “santo mistero”, tuttavia, nasconde sempre un germoglio di speranza, per chi non si arrende al proprio assurdo.

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Lirico terapia. Renzo Paris

Tommaso

Poesia che sei rinata per il compleanno

D’un poeta, stattene un momento accucciata

Sotto la scrivania, gioca col gatto, intrattienilo,

Non aver fretta, dai,

Almeno per questa volta!

Vedi, un pizzico di distrazione è bastato

Perché quel bastardo mi graffiasse le dita.

La poesia entra anche nel quotidiano, non teme la banalità. Renzo Paris lo dimostra efficacemente in questi versi che odorano di casa, ma hanno un chiaro valore simbolico.

Lirico terapia. Primo Levi


Il canto del corvo (II)

«Quanti sono i tuoi giorni? Li ho contati:

Pochi e brevi, ognuno grave di affanni;

Dell’ansia della notte inevitabile,

Quando fra te e te nulla pone riparo;

Del timore dell’aurora seguente,

Dell’attesa di me che ti attendo

Di me che

                   (vano, vano fuggire!)

Ti seguirò ai confini del mondo,

Cavalcando sul tuo cavallo,

Macchiando il ponte della tua nave

Con la mia piccola ombra nera,

Sedendo a mensa dove tu siedi,

Ospite certo di ogni tuo rifugio,

Compagno certo di ogni tuo riposo.

 

Fin che si compia ciò che fu detto,

Fino a che la tua forza si sciolga,

Fino a che tu pure finisca

Non con un urto, ma con un silenzio,

Come a novembre gli alberi si spogliano,

Come si trova fermo un orologio».

Primo Levi non ha mai smesso d’indagare il mistero del male: qui l’ombra che insegue l’aguzzino fino alla fine dei giorni.

Lirico terapia. Leonardo Sinisgalli


La casa di Nievo

La lapide è sul muro

sopra le scuderie.

Il giovane non ebbe tempo

di girare tra gli alberi e le aiuole.

Rapito dalla guerra

radunò le sue carte.

Le trovarono in un tiretto

quando si mise in mare

e annegò. Ai poeti la sorte

vieta di tornare

nelle loro camerette.

Per il poeta tutto diventa simbolo. Sta a noi interpretare: non tanto l’intenzione di Sinisgalli, quanto l’eco che risuona in noi.

Lirico terapia. Fernanda Romagnoli


Sobillazione

Nei ghetti del mio corpo, certe notti,

i cinque sensi circolano cupi

sobillando lo Spirito: «A che vale

il tuo slancio di fiamma, sempre eluso,

i rossi rami che s’agitano e attorcono

tribolati in abbracci di se stessi

– mentre il buio si svincola illeso

e ripropone il dilemma -.

Far barriera ai lupi, che ti vale.

All’alba sarai fumo».

 

In quelle notti di congiura e d’odio

la fiamma geme, s’accuccia nel suo grumo

di braci: e invoca che su lei s’affretti

la pietà della cenere, l’assedio

d’occhi fermi in circoli

sempre più stretti.

Straordinaria questa descrizione della lotta fra la carne e lo spirito di Fernanda Romagnoli: interpella chi legge con una domanda tanto implicita quanto decisiva.

Lirico terapia. Giovanni Giudici


Con tutta semplicità

Con tutta semplicità devo dire

che un tempo sembrava lontano

il tempo in cui morire.

 

Ora non è piú un pensiero strano.

Ora è sempre lontano (almeno spero) ma

posso già prefigurarmelo. Ho l’età

 

in cui dovrei fare ciò che volevo

fare da grande e ancora non l’ho deciso.

Faccio quello che faccio, altra scelta non ci sarà:


leggo di miei coetanei che muoiono all’improvviso.

Il tema è scottante, ma la poesia lo trasfigura: Giovanni Giudici è un maestro nel procedere su un crinale da cui ognuno può osservare il suo paesaggio.